domenica 8 marzo 2009

Il druidismo

Jean Markale
Il druidismo
Mediterranee, Roma 1990, pagg. 266

Constatare che le società europee vivono una crisi di identità si è fatto banale. Sulle origini e sulle cause ditale crisi un buon numero di belli spiriti si sono interrogati da qualche anno a questa parte. Per Jean Markale non ci possono essere dubbi: tutto risale all’anno nefasto in cui le legioni romane imposero la loro legge in Gallia: ‘I druidi ci sono noti attraverso le testimonianze di autori antichi che presentano l’inconveniente di appartenere al “campo nemico” — il che equivale a dire che sono greco-romani. Essi non hanno infatti lasciato alcuna traccia scritta del loro pensiero e della loro azione, giacché il loro insegnamento voleva essere orale. Così bisogna rifarsi a Cicerone, a Plinio il Vecchio, a Lucano, a Ammiano Marcellino, a Giulio Cesare — ovviamente — e a qualcun altro per raccogliere qualche briciola di informazione su questi personaggi, che hanno il vantaggio — ma anche l’inconveniente, da un punto di vista scientifico — di aver fatto e di far ancor oggi fantasticare parecchi spiriti in cerca di fonti spirituali. Gli autori antichi permettono in ogni caso di stabilire che il druido rappresentava, accanto al re, quell’unione del profano e del sacro, del temporale e dello spirituale che ritroviamo in tutte le società indoeuropee e che sarebbe stata poi contestata dal dualismo inerente al cristianesimo. Detenendo un sapore (Cicerone ci dice, a proposito del druido eduo Diviciacos menzionato da Cesare, che « pretendeva di conoscere le leggi della natura »), il druido lo insegna a coloro che ne sono degni. Questo imperativo di discrezione e di selezione spiega perché il druido dispensi il proprio insegnamento in luoghi ritirati, in mezzo alle foreste. I druidi sono sii « sapientissimi-veggentissimi<~ — questa è l’etimologia sottoscritta da Markale — ma sono anche, per definizione, gli « uomini dell’albero «, gli’< uomini della foresta », e il riferimento al mito dell’Albero della Conoscenza/Albero di Vita è evidente.
Professori, medici (conoscono e usano i poteri delle piante, dei «semplici »), giudici, i druidi sono anche, e forse soprattutto, direttori di coscienza. Non nel senso che i cristiani daranno a questa espressione, ma in qualità di detentori e trasmettitori di una tradizione, ossia di una visione del mondo. Quando sopravviene la cristianizzazione, ciò che rappresentano viene messo al bando; ma attraverso racconti, canzoni popolari, costumi, “superstizioni” e persino certi aspetti di rituali religiosi ufficialmente cristiani, bene o male alcuni frammenti del loro insegnamento sopravvivono, anche se il loro senso profondo non viene più percepito con chiarezza. Il cristianesimo irlandese, così profondamente originale — e così a lungo in contrasto, un duro contrasto, con il cristianesimo « romano » — ne è stato segnato in modo duraturo.
Nella letteratura medievale, il personaggio di Merlino (a cui Markale ha dedicato un volume pubblicato dalle edizioni Retz nel 1981) rappresenta il perpetuarsi dell’archetipo druidico. Che porta dentro di sé un forte simbolismo solare e nel contempo nordico: nella tradizione irlandese, i celebri Tuatha Dé Danann passano per essere gli introduttori del druidismo in Irlanda e i rappresentanti di un mondo divino, significativamente indicato come <‘ le isole del Nord del Mondo ».
Studiando i diversi aspetti del druidismo, Markale affronta il difficile problema dei rapporti fra il sostrato pre-indoeuropeo e i valori propriamente indoeuropei. Senza condividerne tutte le analisi, si deve insistere sull’evidenza di un rapporto sincretico, che si rinnoverà peraltro all’epoca della cristianizzazione. Resta il fatto che l’istituzione druidica — caricaturata in modo oltraggioso, va ricordato, da talune associazioni contemporanee dedite al « neodruidismo »
— è la traduzione più specifica del genio celtico. Un genio sempre ben vivo, la cui chiara conoscenza è facilitata da opere come Il druidismo. Benché si debba dire, per amore di giustizia, che gli elementi essenziali di questo libro sono tratti dall’opera di Franqoise Le Roux e Christian-J. Guyonvarc’h Les druides (Ogam-Celticum, 1978), che rimane l’opera di riferimento sull’argomento. Jean Markale avrebbe dovuto riconoscere più nettamente il debito contratto con un libro che, c’è ragione di temerlo, sarà diffuso fra il grande pubblico meno ampiamente del suo, peraltro molto ben fatto.
Pierre Vial

Diorama Letterario, nr. 152, Ottobre-Novembre 1991, Pagine- 36-37

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